L’antropologia e il contagio da coronavirus – spunti per un dibattito

 

La pandemia da coronavirus COVID – 19 ha colpito l’Italia in modo particolarmente forte. Le misure di contenimento del contagio messe in atto dal governo hanno creato negli ultimi giorni una situazione di “socialità modificata”, una sorta di grande esperimento socio-antropologico senza precedenti nella storia recente dell’Europa.  Necessità di evitare incontri e assembramenti, spostamento sul piano virtuale delle comunicazioni e delle attività educative e, laddove possibile, lavorative; proibizione degli spostamenti sul territorio e quindi drastica limitazione delle libertà indivuduali; nuovi problemi etici che si pongono nel ricorso ai servizi sanitari, e in particolare nella selezione per l’accesso alle terapie intensive; contrapposizione tra diversi modelli di contenimento della diffusione del virus, e dei rapporti tra obiettivi sanitari e obiettivi economici; inedite tensioni nel rapporto fra generazioni, colpite dal virus con diversi gradi di pericolosità; ma anche tra lavoratori pubblici e privati, dipendenti e autonomi, colpiti in modo diverso dalle conseguenze economiche del blocco delle attività. Anche il classico tema antropologico della percezione del rischio e delle sue basi culturali è mobilitato: con complessi rapporti tra pareri scientifici (peraltro spesso discordanti), opinione pubblica, prese di posizione politica, senso comune.  All’incrocio fra questi diversi piani si determinano le nuove percezioni di purezza e pericolo, accompagnate da giudizi morali e da fenomeni di stigmatizzazione etica (il tema dell’untore, cioè di chi causa l’esplosione del contagio con comportamenti irreponsabili e moralmente riprovevoli).  Più in generale, poi, il contagio in corso porta a interrogarsi sul nesso tra la sua origine e diffusione e i grandi modelli di sviluppo e stili di vita contemporanei: il legame tra le EIDS (Emergent Infective Diseases) zoonotiche e la distruzione dei sistemi ambientali, l’aumento demografico, i fenomeni di globalizzazione.   La chiusura delle frontiere nazionali, il blocco dei voli, la “territorializzazione” dell’esistenza, la crisi del turismo  mostrano da un lato quanto a fondo la globalizzazione influisca sulla nostra esistenza; dall’altro, invitano a pensare se e quanto potremmo farne a meno, aprono insomma una immaginazione concreta di altri mondi possibili.

Antropologi, studiosi di scienze umane e sociali, filosofi hanno cominciato nei giorni scorsi a interrogarsi su questi temi. Vorrei qui raccogliere alcune di queste voci, nella speranza di alimentare il dibattito.

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Aggiungo (21 marzo, qualche giorno dopo aver aperto questa pagina) che il dibattito si sta sviluppando sulla rete in modo ampio e certamente interessante. Con una prevalenza, tuttavia, di prese di posizione ampiamente teoriche o ideologiche rispetto a contributi osservativi o descrittivi.  Le prime sono state senza dubbio suscitate dalla prese di posizione di Giorgio Agamben (sotto riportate), che non saprei interpretare se non come provocazioni situazioniste. Posizioni che sono state ampiamente criticate, certo,  tanto che ho rinunciato a riportare gli interi sviluppi del dibattito sul piano filosofico (la cosa interessante da chiedersi, semmai, è perché a molti questi dubbi sull’impostazione della cosiddetta Italian Theory non siano venuti prima: dal momento che adesso Agamben non fa altro che ribadire coerentemente quanto scrive almeno da venticinque anni). Gli interventi antropologici, pur non appiattendosi su queste posizioni, hanno accettato la sfida della Grande Teoria: qual è il significato dell’epidemia in termini di Filosofia della Storia? Dunque, lo stato di isolamento (di “sospensione”, come dice Adriano Favole nell’intervento sotto linkato) minaccia un futuro distopico oppure lascia intravedere uno scenario di decrescita felice? Il virus appiattisce le disuguaglianze sociali oppure le esalta ancora di più? C’è più utilitarismo o più spirito del dono nelle reazioni della gente? Nel rafforzamento dei poteri statali c’è più violenza strutturale o più perseguimento del bene comune (contro il principio del free rider, ovvero del cattivo utilitarismo che per un piccolo vantaggio indivuduale  produce ingenti danni collettivi)?  Tutti problemi interessanti, intendiamoci, che però tendiamo ad affrontare con uno spirito un po’ troppo normativo: cosa dovremmo fare, dove sta la ragione e dove il torto, quale posizionamento politico è il più corretto, etc. O uno spirito opinionistico, come ha sostenuto Mara Benadusi qualche giorno fa su facebook: “Il delirio dell’opinionismo ai tempi del coronavirus… Meno di qualcosa si sa, più si pretende di sapere e voler quindi spiegare, un virus che dilaga e i ricercatori sociali lo stanno contraendo” (17 marzo). Non sarebbe meglio recuperare quella peculiarità dell’antropologia che consiste nella osservazione dei dettagli, nel tentativo di cogliere la grana sottile degli eventi che ci circondano? Non parlerò di etnografia, che è difficile fare senza poter uscire di casa o tenendosi a un metro di distanza dagli altri. Ma documentazione, descrizione che cerchi di andare un po’ oltre ciò che i media possono offrire (che non è poco, beninteso). Ad esempio, in un intervento sul forum Storie virali (aperto da Andrea Carlino e Giovanni Pizza sul sito della Treccani), Chiara Moretti svolge alcune osservazioni molto interessanti sul contesto di attribuzioni morali che il contagio e le misure di contenimento hanno innescato. La riprovazione morale verso gli emigrati che si sono ammassati sui treni per far ritorno al Sud; verso chi esce in modo apparentemente indebito; persino verso i contagiati, che sono vittime ma al tempo stesso colpevoli di aver sottovalutato il rischio e forse di aver così contagiato altri. E, dall’altra parte, il ruolo salvifico degli “angeli degli ospedali”, e così via.   Questa “carica morale” attribuita al rischio non è un effetto secondario di una cattiva comunicazione o di un governo inadeguato che intende criminalizzare i cittadini: è un meccanismo che l’antropologia e la storia culturale conoscono bene, e che possono dunque contruibuire a comprendere un po’ meglio (e il riferimento di Moretti  alla stregoneria – “una concezione quasi stregonica del paziente-zero” – indica una affascinante direzione comparativa). Oppure: il problema dell’assenza di riti funebri per chi muore in questi giorni nei reparti di rianimazione. Cosa ne sappiamo? Siamo di fronte a nuda vita, oppure (come sembra di cogliere da vaghe notizie di stampa) si innescano forme di creatività culturale che tentano di surrogare comunque forme di “trascendimento nel valore”,  di cordoglio ritualizzato? Servirebbe su tutto questo saperne di più, andar oltre il puro riflesso delle notizie di stampa (che pure sono quanto ci resta).

 

 

Enzo Vinicio Alliegro, Fuori luogo, fuori controllo: antropologia del virus Covid-19, contributo originale (26-4-2020)

Fabio Dei, Ambivalenze del cordoglio, in Alias-Il manifesto, 28-4-20

Alessandra Guigoni, Renato Ferrari, Pandemia 2020. La vita in Italia con il Covid-19, ebook liberamente scaricabile con 34 articoli di antropologi, sociologi, linguisti, storici, filosofi e 12 interviste ad altrettante personalità della cultura (9-4-2020)

Jean-Loup Amselle, “‘Biopouvoir’ ou ‘tanathocrazie’?”, in BiblioBS (8-4-20)

“Diario sulla salute pubblica“, numero speciale della rivista Narrare i gruppi , con contributi di Eugenio Zito, Michele Filippo Fontefrancesco, Giuseppe Licari, Annamaria Fantauzzi, Riccardo Migliavada

Roberto Beneduce, “Lezioni da una pandemia”, in  Storie virali/Atlante Treccani (3-4-20)

Vito Teti, “Memoranda/catastrofe”, in Volere la luna (2-4-20)

Didier Fassin, “Da dove verrà il cambiamento?”, in Storie virali/Atlante Treccani (2-4-20)

Michael Taussig, “Uno sciamano potrebbe darci una mano?“, in Collettivoepidemia (31-3-20)

“Corona” – forum di interventi antropologici su Allegra Lab; includente Ian M. Cook, “The Corona Diaries” (1-4-20); Anibal Garcia Arregui, “Viralscapes. The bodies of others after Covid-19” (31-3-20); Letizia Bonanno, “Eerie desires for the authoritarian state. Covid-19 updates from Italy” (30-3-20); Julie Billaud, “Coronavirus: less humanitarianism, more politics” (25-3-20)

Aggiornamenti da “La giusta distanza Piccolo osservatorio etnografico sull’isolamento” (2-4-20)

Luca Pisoni, “Le epidemie indicano lo stato di salute della montagna”, in Il Dolomiti (29-3-20)

Françoise Rastier, “Le conspirationisme légitimé: Giorgio Agamben et la pandémie“, in Conspiracy Watch (28-3-20)

Maurizio Ferraris, “Virus: echi dal mondo che verrà” [a partire da Slavoj Zizek, Virus, Firenze 2020], in Il manifesto (29-3-20)

Marino Niola, “Dopo saremo più solidali. Il mondo nuovo ci piacerà”, intervista di A. Caporale su in Il fatto quotidiano (29-3-20)

Miguel Mellino, “Restate a casa, ma per sempre. Decreti d’emergenza e razzismo di stato”, in DinamoPress (28-3-20)

Alfredo Lombardozzi e Fabio Dei, “Coronavirus, psicoanalisi e antropologia”, in Spiweb – Società Psicoanalitica Italiana(28-2-20)

Oper Lab on Covid-19 – Una call for papers della rivista di scienze sociali “Cambio” – Cambio -Call -Open Lab Covid 19

Marta Villa, “La morte ai tempi del coronavirus”, in Il dolomiti (27-3-20)

Kristina Jacobsen, “When coronavirus empities the street, music fills them”, in Sapiens – Anthropology/Everything Human (26-3-20) [reazioni musicali al contagio in Sardegna]

Eva Illouz, “L’insostenibile leggerezza del capitalismo per la nostra salute”, in  Storie virali (Treccani Atlante) (26-3-20)

Osvaldo Costantini, “Noi la crisi (sanitaria) non la paghiamo“, in Dinamo Press (26-3-20)

Piero Vereni, “Cosa c’entra l’altropologia col coronavirus”, in Fuori tempo massimo  (25-3-20)

Intervista a Umberto Pellecchia (“L’antropologo che ha studiato l’Ebola…”), in Businness Insider Italia (24-3-20)

Berardino Palumbo, “Ibridi”, in Storie virali. Treccani Atlante (23-3-20)

Piero Vereni, “#IoStoAllaLarga“, in Fuori Tempo Massimo (22-3-2)

Eugenio Imbriani, “Un’epidemia quaresimale”, in Treccani Atlante (21-3-20)

Adriano Favole, “Emergenze o sospensioni? Una riflessione ai tempi del coronavirus” , videointervento Dialoghi sull’uomo (19-3-20)

Chiara Moretti, “Responsabilità e colpevolezza”, in Treccani Atlante (20-3-20)

Pino Schirripa, “Storie e incubi virali (con uno sguardo a oggi)”, in Treccani Atlante  (18-3-20)

Pasquale Terracciano, “Alla ricerca delle parole perdute, per una filosofia al tempo del coronavirus”, in Che-fare (17-3-20)

Antonello Ciccozzi, “I pericoli del rassicurazionismo di fronte a una pandemia globale”, in Le parole e le cose (17-3-20)

Italo Testa, “La religione a porte chiuse”, in Le parole e le cose –

“La giusta distanza. Piccolo osservatorio etnografico sull’isolamento”, a cura di Francesco Vietti e altri antropologi dell’Università di Milano Bicocca –

“Storie virali”, a cura di Andrea Carlino e Giovanni Pizza – Treccani Atlante (16-3-20)

Mario Del Pero, “La quarantena della ragione – Treccani Atlante (16-3-20)

Vito Teti, “Memoranda: io resto a casa”, in Volere la luna (15-3-20)

Sandro Mezzadra, Una politica delle lotte in tempi di pandemia, in EuroNomade (14-3-20)

Roberto Buffagni, I due stili strategici di gestione dell’epidemia a confronto, in L’Italia e il mondo (14-3-20)

Robin Wright, “Finding connection and resilience during the coronavirus pandemic“, The New Yorker (12-3-20) [su come il contagio modifica le pratiche rituali]

Pietro Clemente, Intervista all’Unione sarda sugli effetti sociali del Coronavirus (11-3-20): – Pietro Clemente – intervista a L’Unione Sarda

Piero Vereni, “Note antropologiche sul coronavirus”, in Vita.it, (11-3-20)

René Capovin, “Siamo fuori da un tunnel” (11-3-20) – René Capovin – Siamo fuori da un tunnel

Ivan Severi, “Presidiamo le soglie“, in ANPIA  (14-3-20)

Vincenzo Matera, “Coronavirus e altri rischi. Risposte locali a problemi globali”, in La città nuova, blog del Corriere della sera (4-3-20)

“Covid-19 Forum”, in Somatosphere. Science, Medicine and Anthropology (6-3-20) [articoli riguardanti le forme dell’isolamento e della socialità sospesa in Cina, Hong Kong, Europa]

Marco Aime, “La paura del coronavirus...” (25-2-20)

Marco Aime, “Così il virus invisibile ci cambierà“, intervista a Mashable Italia (13-2-20)

Marco Aime, videointervento Dialoghi sull’uomo, “Noi/altri al tempo del virus” (13-3-20)

Roberta Raffaetà, intervista al Sonar-Global Project , “From Italy: anthropological reflections on coronavirus COVID-19” –

Dorothy Zinn, “Diffidenza dell’altro, Corriere dell’Alto Adige (10-3-20)

Frédérick Keck, “Let’s Talk: L’antropologo sociale Frédérick Keck sul Coronavirus (9-3-20)

Marino Niola, “Epidemia e contaminazione. Dalla peste del 1600 a oggi”, in La Repubblica (24-2-20)

Adia Benton, Race, epidemics and the viral economy of health expertise, in The New Humanitarian (4-2-2020) [narrazioni false sui social media]

Pietro Saitta, “Covid – 19: un oggetto culturale e politico”, in Il lavoro culturale (26-2-20)

Giorgio Agamben, “L’invenzione di un’epidemia in Quodlibet (26-2-20)

Jean-Luc Nancy, “Eccezione virale”, in Antinomie (27-2-20)

Giorgio Agamben, “Contagio”, in Quodlibet (11-3-20) – https://www.quodlibet.it/giorgio-agamben-contagio

Massimo De Carolis, La minaccia del contagio”, in Quodlibet (11-3-20) – https://www.quodlibet.it/la-minaccia-del-contagio-di-massimo-de-carolis

Antonio Floridia, “Più che stato d’eccezione, strategie incerte del nostro tempo, Il manifesto (4-3-2020)

Paolo Flores D’Arcais, “Filosofia e virus: le farneticazioni di Giorgio Agamben”, Micromega, 16-3-20

Mario Farina, “Su Agamben e il contagio. Il ruolo della filosofia e la comune umanità”, in Le parole e le cose  (19-3-20)