A casa del popolo, di Antonio Fanelli
È appena uscito il volume A casa del popolo. Antropologia e storia dell’associazionismo ricreativo, di Antonio Fanelli (Roma, Donzelli, 2014), con presentazione di Francesca Chiavacci e postfazione di Fabio Dei.
Dalla quarta di copertina:
La storia delle culture politiche e del tempo libero nell’Italia del dopoguerra è ricca e articolata, anche se raramente si è tentato di indagarne forme e strutture. Antonio Fanelli colma questa lacuna grazie a una prolungata ricerca (svolta dal 2009 al 2014) sulla genesi, lo sviluppo e il radicamento delle case del popolo e dei circoli Arci sul territorio italiano. La chiave di lettura adoperata si propone di rilanciare gli studi sulla cultura popolare in Italia attraverso un’antropologia storica di un campo di attività culturali che scardinano le distinzioni classiche tra alto e basso e tra militante e popular. Al centro del libro si colloca uno scenario vasto di esperienze associative che vedono la compresenza e l’incontro tra sfere diverse di cittadinanza e tra pratiche culturali di vario tipo (dallo sport agli incontri culturali, dal microcredito alle cene e sagre locali, dalle primarie del centrosinistra alla musica dal vivo). Prendendo le mosse da un ampio numero di casi di studio, a partire dall’area fiorentina (la zona con la più alta densità associativa nel campo delle attività culturali), Fanelli restituisce l’istantanea di uno spaccato essenziale della società italiana degli ultimi sessant’anni. Qui la messa in pratica di una «cultura del dono» e del volontariato ha ancorato il tempo libero e lo stile di vita locale ai valori solidali dell’associazionismo (organizzato a sinistra nella rete dell’Arci) in modo tale da costruire uno spazio rilevante per il pluralismo e la società civile. Dal lavoro di ricerca e dalla voce dei protagonisti emerge un dato per certi versi sorprendente: le case del popolo sono ancora un luogo di riferimento per i riti collettivi della socialità locale, in grado di mediare e integrare i conflitti (città-campagna; centro-periferia; nativi-immigrati), le tensioni di genere e le distanze generazionali, favorendo forme collettive, ancora vitali, di mediazione tra società dei consumi, identità locali e attivismo politico.